Due poiane fanno cerchi nel cielo. Le guardo e penso, chissà cosa vedono, chissà come ci vedono. Si, come ci vedono. Sono al tavolo insieme a loro. In questo momento il collante lo fa una pasta al forno. Teste chine e affamate sui piatti. Ma c’è un’atmosfera speciale. Magari sarà il giardino del rifugio con la sua vista sulla valle, magari sarò io che con la vecchiaia divento sentimentale, va a sapere. Poi la risposta me la dà Andrej che siede vicino a me. 

Mi guarda e mi dice :”Tranzollo”. “Come scusa?” “Tranzollo. E’ una parola che abbiamo inventato noi qua.” “E cosa vuol dire ?” “Boh!” Bene, anni di studi universitari buttati nel cesso in un attimo, penso.

“Se sei Tranzollo sei figo e noi siamo Tranzolli.” Ahh così è chiaro.

Le poiane sono ancora lì che osservano. Dall’alto sono sicuro che vedono un gruppo. E’ il nome che mi sento di dare. Ci sono individualità ma non individualismi. Non si avverte il pericolo, non c’è bisogno di rifugiarsi in atteggiamenti aggressivi. C’è il Tranzollo che protegge. Altra lezione di vita.

E’ pomeriggio consumato, è ora di ritornare a casa. I ragazzi sono partiti per una passeggiata e per fare fotografie.

All’improvviso avverto che qualcosa non va. Vedo i ragazzi ritornare al rifugio: troppo presto, penso. Telefonate concitate.

Le poiane non ci sono più. In lontananza il rumore delle pale. L’elisoccorso arriva.

David cadendo si è rotto un braccio. Telefona al nonno: “ciao nonno sto bene, mi sono solo rotto un braccio.”

“Ma devo salire su quel coso volante?” Ecco la vera paura.

“Andava tutto troppo bene.” Sento che dice.

In un angolo gli altri ragazzi: pallidi, insieme alle educatrici, le più spaventate, ovviamente.

Caro Davide, nella vita una delle cose importanti è avere la forza. Tu ce l’hai e forse hai anche capito che se c’è il gruppo la forza si moltiplica e ti troverai a pensare, presto, con il Tranzollo andrà bene.